giovedì 11 marzo 2021

L'ITALIA NELLA STORIA DELLE ROSE - 2

(continua)

(tratto da http://www.trafioriepiante.it/infogardening/poltrona/QuarantennioRoseItaliane.htm)

Possiamo seguire, a partire dal 1633 fino all'ultima testimonianza scritta del 1811 con l'Almanach des Dames di Guerrapain, la presenza di una serie di rose Omnium Mensium, o Rosier de tous les mois generate dall'originale rossa in una serie di mutazioni bianche, striate, carnicine singole, a mazzetti e a fiore semplice, ognuna delle quali con una sua propria denominazione.

La 'Monthly Rose' originale, e cioè la Rosa Italica flore pleno perpetua avrebbe quindi giocato un importantissimo doppio ruolo nell'evoluzione delle rose moderne: da una parte per lo sviluppo delle Damascene Perpetue e dall'altra, ma indirettamente, per le Borboniane. In conclusione, con il determinante contributo di un ceppo di rose italiane.

Sono probabilmente questi gli inizi di questa classe e l'Italia rimane visibile in questo periodo anche con altre varietà che sarebbero ibridi rifiorenti di Damascene. Abbiamo notizia di una rosa 'Italica' ('D'Italie', 'Quatre Saisons d'Italie', 'Rose d'Italie', 'D'Italie Rose', 'Damascena Italica'). Arriva da Firenze e la riceve nel 1806 Dupont, il noto rosaista francese e rimane disponibile per più di vent'anni. Poco profumata, ma graziosa ed elegante, dal fiore semi-doppio, rosa. 'Henriette' che arriva in Francia, proveniente dall'Italia nel 1811, forse sinonimo di 'Italica' dal fiore doppio, rosa delicato. E' preceduta da una certa 'De Naples', attribuita a Descemet, di questa varietà non ci è pervenuta alcuna descrizione, ma il suo nome stava a significarne la provenienza. Per completare la lista delle rose di origine italiana, aggiungeremo una mutazione di 'Italica', 'D'Italie Blanche', di Carici -Coquerel, circa del 1812.

Arrivano poi le rifiorenti cinesi (nella foto la Rosa Cinese botanica). E' interessante che molte rose Cinesi, importate o nate da seme, erano in
circolazione in Europa nel periodo tra fine Settecento e inizio Ottocento, offrendo quindi molto materiale per gli incroci. Oltre alle varietà importate dall'Oriente, queste rose tendono ad originare dalla Francia e dall'Italia piuttosto che dall'Inghilterra, dato il clima sfavorevole di questo paese per la maturazione dei semi. In questo periodo l'Italia sembra giocare un ruolo non di poco conto: il traffico tra Francia e Italia per quanto riguarda le rose è molto intenso; semi e piante arrivano in Francia provenienti dall'Italia, tanto che gli ibridatori francesi si sentono quasi in obbligo, per dovere di riconoscenza, di dare a molte loro creazioni, nomi italiani.

Lo stesso Vibert ci dice che Philippe Noisette, stimato e conosciuto ibridatore, aveva avuto il merito di introdurre in Francia almeno una dozzina di meravigliose rose Cinesi provenienti dall'Italia.

In questo lavoro l'Italia deve aver giocato un ruolo di grande importanza fornendo materiale ai grandi ottenitori francesi e probabilmente non solo a loro. Nel 1818 viene introdotto un Ibrido Cinese, 'Belle de Lodi'. Aveva un sinonimo, 'Belle Gabrielle', poteva essere reperita presso i vivai di Laffay, ma il nome 'Lodi' naturalmente fa riferimento alla città italiana. Proprio in questi anni il moltiplicarsi di rose Tea sembra non aver fine.

C'è da pensare che fosse stata individuata una fonte in Italia che produceva di queste rose, perché nei dieci anni successivi i francesi continueranno a introdurre rose ibridate in Italia! Naturalmente non sappiamo nulla di dove provenissero né da chi. La storia della rosa in Italia compresa tra il 1830 e il 1840 è tutta da scrivere...

(continua)

mercoledì 10 marzo 2021

L'ITALIA NELLA STORIA DELLE ROSE - 1

(tratto da http://www.trafioriepiante.it/infogardening/poltrona/QuarantennioRoseItaliane.htm)

Perché l'Italia non è mai stata protagonista nella storia della rosa? 
Perché non ci sono grandi ibridatori italiani? Perché alle rose si collegano Francia, Inghilterra e America, oltreché Olanda, Germania, Spagna, Belgio o Danimarca? 
I motivi di tale assenza potrebbero essere questi: mancanza di una committenza colta e ricca; assenza di una letteratura specifica di autori italiani; inesistenza di una politica economica di sostegno; appezzamenti di terra troppo piccoli; clima troppo mite. Sembra paradossale, ma la bonarietà dei nostri inverni ha indotto i coltivatori a fidarsi delle condizioni atmosferiche senza doversi misurare con temperature pericolose alle colture e quindi senza dover sviluppare una tecnologia di sostegno e di riparo, che in qualche modo fornisse anche lo stimolo per la ricerca. Pensiamo per esempio a Wilhelm Kordes che, a partire dagli anni 40, proprio grazie agli inverni tremendi del Nord è stato spinto, sollecitato, costretto a orientare la sua ricerca su varietà resistenti al freddo; ricerca da cui sono nate le famose Rose Kordesii (foto in alto a destra), introdotte negli anni '50.

Fate attenzione a quello che dice Aicardi alla fine degli anni '40 nel suo famoso libro "Le Rose Moderne": "Tutti i floricoltori si sono improvvisati tali provenendo da ogni ceto: contadini, manovali, marinai, pastori, artigiani". Pensiamo invece da dove quasi sempre provenivano i grandi ibridatori: erano giardinieri o vivaisti. Oppure avevano alle spalle, una, due, tre generazioni di padri che facevano questo lavoro che veniva poi tramandato ai figli.
Queste sono le coordinate che possono servire da orientamento per inquadrare la situazione. 
Per narrare, in sostanza, la storia di un'assenza bisogna quindi andare alla ricerca. Andare a vedere "oltre"  la storia ufficiale, tra le sue pieghe, tra le informazioni date di passaggio, quei velocissimi lampi di luce devono per forza diventare sufficienti ad illuminare il mondo circostante.

Per poter avere notizia di rose rifiorenti dovremo aspettare la fine del '500 e trasferirci a Ferrara, dove il famoso saggista francese Montaigne (immagine a destra), viaggiando alla volta di Roma, si imbatte in una rosa che, gli dicono, poteva fiorire in ogni mese dell'anno. Anche in questo caso non ne sappiamo molto di più: era una pianta? Era un singolo fiore? Non abbiamo nessuna descrizione, né da Montaigne né da un suo contemporaneo. 
Dalla fine del '500 fino al 1633, non si legge più nulla sui trattati botanici di questa misteriosa rosa rifiorente.

È Ferrari che nel 1633, nel suo 'Flora, seu, De Florum Cultura' pubblicato a Roma, menziona per la prima volta, quindi dopo circa 50 anni dalla rosa 'di Ferrara' una Rosa Italica flore pleno perpetua, cioè una rosa italiana rifiorente, perpetua, che viene chiamata 'Omnium Mensium' (di tutti i mesi), dal colore piacevolmente rossastro e 'molto somigliante' alla Damascena. 
Nel 1655, a Londra, il famoso botanico John Rea, sotto la voce Rosa mensalis, parla di questa rosa, molto somigliante alla Rosa Damascena, che in Italia può fiorire per sette mesi, ma di cui l'autore non ha mai avuto prova in Inghilterra, paese dove, per clima, la fioritura si limita a soli tre mesi.

(continua)