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(tratto da http://www.trafioriepiante.it/infogardening/poltrona/QuarantennioRoseItaliane.htm)
Ma noi facciamo partire ufficialmente la storia delle rose italiane usualmente con il primo ibridatore italiano che si presenta al pubblico, Luigi Villoresi, che era stato direttore dei Giardini Reali di Monza tra il 1812 e il 1825. Sua è infatti la famosa 'Bella di Monza' (Modoetiensis Villoresi) creata agli inizi dell'Ottocento e menzionata per la prima volta nel 1826 nel catalogo di Carlo Maupoil, vivaio di Dolo, vicino a Venezia. Fu una rosa che dovette godere di una certa popolarità e che rimase disponibile sui cataloghi fino al 1853: 'Questa bellissima rosa è una delle venti e più varietà del Bengala o Cinesi create dal signor Villoresi, sovrintendente dei giardini dell'Arciduca, a Monza.
Altre rose italiane ci sono rimaste nascoste dalla grande storia:
'Mazzorati' (Italia, 1828. Doppio, color granata porpora scuro) e 'Pallavicini' (Italia/Soulange-Bodin, 1828. Doppio, bianco-giallastro) che troviamo descritta non solo nei testi francesi (Desportes, Vibert, Boitard) ma anche in quelli inglesi. Infatti Rivers, nel suo The Rose Amateur's
Guide del 1843, scrive abbastanza a lungo di questa rosa. La descrive come insignificante se coltivata da talea, ma assolutamente magnifica se innestata, tanto da apparire una rosa completamente differente. Un esemplare in fiore su di un muro della sede della Horticultural Society, "attirava moltissimo l'attenzione", scrive. E aggiunge: "Credo che sia di origine italiana, come molte rose Tea o Cinesi sono ottenute ogni anno da seme in Italia, ma non distribuite".
Come si vede quindi grande attività in Italia, ma assolutamente al buio rispetto ai grandi fari della storia puntati in questo periodo prevalentemente su Francia e Inghilterra. Un clima mite, le nuove rose rifiorenti dell'Oriente, la Francia un buon acquirente: queste le basi per una discreta attività.
Tra le nuove classi di rose che si formano in questo periodo, nel tentativo di incrociare le vecchie rose europee con le rose rifiorenti provenienti dalla Cina, dovremmo ricordare anche un gruppo di rose, originate dal tentativo di utilizzare la R. foetida come genitore. Si dice che l'introduzione di R. foetida rappresenti l'inizio della creazione delle rose moderne. Non è genitore facile questa rosa, tanto che il gruppo che comunque ne deriva è piuttosto sparuto sia come forme di R. foetida che come ibridi. Tra queste poche troviamo due italiane di cui però non conosciamo l'ibridatore: 'Globe Yellow' (Italia, ant. 1846. Doppia, globosa, gialla) e 'Jaune d'Italie' (Italia, ant. 1846. Doppia, piccola, giallo paglia).
Ci stiamo avvicinando a grandi passi ad una storia "emersa" delle rose italiane, in cui possiamo trovare per esempio un altro direttore deigiardini reali di Monza tanto importante da dare il suo nome al portainnesto, Giuseppe Manetti. E arriva anche Bonfiglioli con, prima tra tutte, la famosa Bourbon 'Variegata di Bologna' (1909) (nella foto); e poi 'Ricordo di Giosuè Carducci', 'Ricordo di Géo Chavez', 'Garisenda', una sarmentosa figlia della R. wichurana e di 'Souvenir de la Malmaison'; 'Luigi Galvani' (1911), 'Italia 1911', 'Isabeau'.
Infine, nel 1913, 'Clementina Carbonieri', una Tea figlia ancora una volta dell'Ibrido di Tea 'Kaiserin Auguste Viktoria' e della Cinese 'Souvenir de Catherine Guillot'. Ma ci sembra di poter dire che dopo le rose Cinesi e i loro ibridi, le voci delle rose italiane tacciono. Non le troveremo tra le Borboniane, se non con l'unica del suo gruppo, la 'Variegata di Bologna'; né tra gli Ibridi Perenni molto in voga in quel periodo, né tra le Noisette. Bisognerà attendere gli Ibridi di Tea, per tornare a distinguere il nostro idioma nazionale.
Alcuni tra gli ibridatori italiani della prima metà del secolo scorso meritano di essere meglio conosciuti e apprezzati per la sistematicità e il rigore dei loro metodi di ibridazione: i Bonfiglioli, Domenico Aicardi (foto), i fratelli Giacomasso, di cui conosciamo abbastanza le attività.
Ricordiamo anche Giuseppe Borgatti, che doveva essere collegato alla ditta Sgaravatti, di cui però si trovano pochissime informazioni riguardo gli incroci da cui otteneva le sue rose. E anche di Giuseppe Cazzaniga, nonostante si possano elencare ben 56 delle sue varietà, di cui 17 coltivate attualmente al Roseto Fineschi, si trova pochissimo riguardo le origini delle sue rose.