(da https://www.compagniadelgiardinaggio.it/magazine/rosa-variegata-di-bologna/)

Andrew Hornung, nel suo interessante libro Le Rose Italiane, ed. Pendragon, frutto di anni di intensa ricerca fra cataloghi dell’epoca, pochi testi specifici e documenti d’archivio, fa risalire questa lacuna allo scarso interesse per il genere “rosa”, alla mancanza di infrastrutture e alla difficoltà di commercializzare i prodotti.
L’ibridazione delle rose era stata fino a quell’epoca, in Italia, prevalente appannaggio di giardinieri specializzati che lavoravano alle dipendenze di ricchi nobili o industriali soprattutto lombardi, e solo verso la fine dell’800, grazie all’influenza della vicina Francia, si sviluppò la produzione di fiori nella Riviera ligure.
Tale produzione, destinata principalmente al fiore reciso, includeva anche quella di diverse varietà di rose, per lo più Tè o Noisette di ibridazione francese, che ben si adattavano alla coltivazione nel clima mite della Liguria di ponente. La caratteristica della rifiorenza però era considerata indispensabile e ciò limitò non poco l’estro dei pochi volenterosi che volevano cimentarsi nell’ibridazione appoggiandosi a qualche vivaio della zona.
Verso la fine dell’800 i fratelli Gaetano e Aristide Bonfiglioli fondarono a Bologna un fiorente vivaio di piante, che si attrezzò anche per la vendita di fiori in Italia e all’estero, e per la prima volta nel loro catalogo comparve qualche rosa firmata Bonfiglioli.
In realtà, la maggior parte delle rose attribuite ai Bonfiglioli erano state ibridate da un’altra persona, Massimiliano Lodi.
Costui era l’amministratore di una ricca tenuta bolognese, di proprietà del senatore Gaetano Tacconi, che fu anche sindaco della città; questa azienda produceva e commerciava ortaggi e anche fiori recisi. Fra una incombenza e l’altra il fattore Lodi si dilettava nella ibridazione delle rose
A lui si deve, tra le tante, anche la creazione – intorno ai primi anni del ʼ900 – della celeberrima ‘Variegata di Bologna’, commercializzata poi dai Bonfiglioli e a questi successivamente attribuita.
Questa è l’unica rosa italiana che assurse all’epoca agli onori dei cataloghi internazionali e tuttora è presente in tutti i libri sulla storia delle rose, e fu quindi l’unica rosa italiana che ebbe popolarità mondiale prima dell’affermarsi a livello internazionale delle belle rose prodotte dalla famiglia Barni.

Qualunque sia stata l’origine di questa rosa, spetta comunque a Lodi averne consolidato le caratteristiche peculiari – di rosa bianca e profumata a fiore stradoppio e globoso, tipico delle Bourboniane, con petali adorni di eleganti pennellate rosa-cremisi- fino a farla diventare una delle rose più famose in tutto il mondo, emblema della Bellezza italiana con la “B” maiuscola.

L’arbusto è alto ed eretto, ma i rami si piegano spontaneamente sotto il peso dei grandi fiori, la fioritura è unica e abbondante, il fogliame è chiaro e le foglie sono lunghe ed eleganti, leggermente increspate ai bordi. Questa rosa non produce bacche ma il grande arbusto a fontana che forma è bello anche in piena estate quando i fiori sono ormai un ricordo. L’unico difetto è la difficoltà di riprodurla per talea, il che la rende ancora più rara e misteriosa.
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